Acciaio cinese in rialzo
I prezzi dell’acciaio sono in aumento nelle maggiori città cinesi, per tutte le principali categorie di prodotto. La tendenza, seppur non particolarmente pronunciata, è stata chiara e costante, a cominciare dalla fine del periodo di festività nazionale (settimana 8 – 12 febbraio) per il Capodanno cinese, lunedì 15 febbraio. Vero è che il mercato veniva da quotazioni molto depresse e, con il pessimismo che c’è, anche coloro che avrebbero dovuto comprare prima della “festa della primavera” avranno preferito rinviare gli acquisti. Tuttavia, il fatto è sicuramente degno di nota.
Questo è il fatto nuovo che alcuni operatori più attenti, in tutto il mondo, hanno cominciato a notare. Facile, a questo punto, liquidare questa risalita dei prezzi come tendenza temporanea e destinata a spegnersi rapidamente, vista la perdurante debolezza della domanda interna cinese, della domanda mondiale, unite allo straordinario surplus di offerta e di capacità produttiva.
Il mercato italiano resta molto pessimista
Il mercato italiano non sembra curarsi di quanto avvenuto in Cina, nei giorni scorsi. Prevalgono sentimenti di rassegnazione, frustrazione, rabbia. Seguono alcune indicazioni tratte dal nostro Report Settimanale Acciaio e Ferro di martedì 16 febbraio:
“(…) Sul mercato regna una situazione molto confusa e di attesa, con gli operatori che vivono alla giornata, tra speranze di un miglioramento delle quotazioni, di tagli produttivi più consistenti, di efficacia dei dazi recentemente introdotti sul prodotto cinese.
Acciaierie con magazzini colmi di merce e ingenti scorte di rottame, rivenditori bassissimi di magazzino, questo è il quadro di questi giorni.
Le quotazioni sono in ulteriore frenata, con i laminati mercantili a circa 440 euro, i tubolari saldati a 390.
Vergella a 310 euro, ma quella cinese 280 euro. Le lamiere da treno (cinesi) vengono offerte a 320 euro CIF Italia, le travi a 480 – 490.
Il lamierino quota 150 – 140 (…)”.
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Mercato cinese, fuoco di paglia?
Tuttavia, a ben vedere, ci sono altri fatti che meritano attenzione e che dovrebbero incuriosire gli operatori siderurgici, in quanto concordanti con quanto sopra indicato, in riferimento alla Cina:
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un altro rialzo è avvenuto negli ultimi giorni, che sembra concordare con la ripresa dell’acciaio cinese; il minerale di ferro si sta silenziosamente riportando in area 50$ ed ha già ripreso quota 48,42, il massimo dall’11 novembre 2015 (+ 11% in una settimana). Ciò grazie anche al rallentamento della crescita dell’offerta da parte dei maggiori gruppi minerari del mondo.
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il Baltic Dry Index, indicatore del costo dei noli marittimi per il trasporto internazionale di merci (soprattutto materie prime non liquide, tra cui ferro e carbone) ed in quanto tale efficace barometro delle tendenze di commercio ed economia, sembra aver messo fine ad una caduta che sembrava inarrestabile e che lo aveva portato fino a 290 punti, minimo di tutti i tempi. Si pensi che questo indicatore si trovava a 1.200 a inizio agosto e tra 600 e 500 in dicembre 2015, mentre i massimi assoluti furono in maggio 2008 (11.793).
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A questo punto diventa molto più interessante osservare ed analizzare ciò che avverrà nei prossimi giorni in Cina, perché se la tendenza dei prezzi di mercato continuerà e si configurerà come un (temporaneo?) cambio di tendenza, gli operatori siderurgici cinesi potranno rivedere al rialzo i loro listini con qualche sollievo, finalmente, nel resto del mondo.
Quanto esposto sinteticamente qui sopra, come noto, avviene in un contesto mondiale difficilissimo, con crescenti tensioni, anche sociali e politiche. Gravi rischi ci sono per la Cina, ma non solo. Si pensi alla delicata situazione in India, dove si sta anche valutando un taglio di 4 miliardi di $ di importazioni di carbone per passare all’uso di materia prima nazionale. Si pensi al dibattito in corso in Australia o alla recessione brasiliana.
Il mercato dell’acciaio tocca i colossali interessi dei produttori di questo bene, dei produttori di materie prime (in particolare carbone, ferro), dei commercianti di materiale siderurgico, dei trasporti internazionali. Per questo motivo tutti dicono che occorrerebbe ridurre la capacità del mercato, ma nessuno vuol farlo per primo e quando vi è costretto lo fa con riluttanza, anche per il timore di perdere quote del mercato stesso. I Governi, poi, temono il rallentamento economico e la perdita di consenso sociale.
Il clima si sta surriscaldando, anche politicamente e in tal senso, con le elezioni americane ormai vicine, e il possibile riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina, da parte dell’Unione Europea, con conseguente impossibilità d’imporre dazi sui prodotti cinesi (e con riflessi di grande importanza soprattutto per l’acciaio italiano), nei prossimi mesi la tensione potrebbe raggiungere livelli pericolosi e indesiderabili.
La Cina, peraltro, sta cominciando a rispondere a tono alle accuse europee, affermando che quello della sovracapacità produttiva nel settore siderurgico è un problema mondiale, che Governo e industria cinese stanno facendo sforzi per ristrutturare il settore e, inoltre, che il mercato europeo conta per meno dell’8% dell’export siderurgico cinese, laddove l’Asia assorbe il 70% delle esportazioni cinesi nel settore stesso. Infine, l’industria cinese risponde che i prezzi interni sono del 20% più bassi di quelli del prodotto esportato verso il mercato europeo.
Queste tensioni potrebbero stemperarsi e parzialmente rientrare se, nei prossimi tempi, i prezzi di mercato si riprendessero sensibilmente. In altre parole, se il risveglio delle quotazioni, avvenuto dopo il Capodanno cinese, continuasse ancora per qualche tempo. La qual cosa porterebbe anche ad un dialogo più pacato sulla temuta decisione di riconoscere alla Cina lo status di “economia di mercato”…
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