Metalli e credito in Cina: approfondimento

Secondo quanto sta sempre più chiaramente emergendo dalla scorsa primavera, la domanda cinese di certe materie prime, negli ultimi anni, sarebbe stata fortemente influenzata e gonfiata da un altro (e nuovo) fattore finanziario, oltre a quelli già conosciuti, in alcun modo legato al consumo reale. Tale fattore sarebbe legato all’inasprimento della politica monetaria cinese, dal 2010. Ricapitoliamo.

La manovra di politica monetaria cinese dei giorni scorsi, di cui abbiamo riferito qui, il 31 agosto, consisteva in un’ulteriore richiesta al sistema bancario, da parte della locale banca centrale, di includere gli importi depositati al fine di ottenere lettere di credito (o altre garanzie) nel calcolo della riserva che le banche devono obbligatoriamente versare all’istituto centrale centrale, a fronte dei depositi. Il tasso d’inflazione al 6.5% (ma nella componente alimentare è a doppia cifra) esigeva una continuazione della politica restrittiva da tempo adottata in Cina. Quest’ultima manovra, tuttavia, si distingue dalle precedenti (ricordiamo che la People’s Bank of China è già intervenuta 9 volte, tra aumenti della riserva e rialzi dei tassi veri e propri e che preferisce agire sulla riserva frazionaria per l’inevitabile spinta rialzista che le manovre sui saggi avrebbero per il valore dello yuan) perché sta evidentemente cercando di colpire certe pratiche che si sono ampiamente diffuse negli ultimi tempi, per ottenere denaro eludendo l’azione restrittiva dell’istituto. Queste pratiche hanno avuto ed hanno quali utili strumenti i metalli non ferrosi (in particolare rame, ma anche zinco ed altri) o altre materie prime (anche agricole) e soprattutto lo strumento finanziario della lettera di credito. Inoltre riguardano, in gran parte, soggetti che nulla hanno a che vedere, dal lato professionale, con le materie prime in questione.

Le operazioni hanno il seguente schema: un cliente richiede una lettera di credito per acquistare una certa materia prima (fornendo un anticipo o altra garanzia) ed ottenuta la lettera, vende rapidamente la commodity acquistata, giocando sul fatto che rimborserà la lettera di credito a 3-6 mesi ed in tal mondo avrà ottenuto una disponibilità finanziaria utilizzabile per varie finalità (spesso anche per acquisti di beni immobili). Lo schema descritto non è l’unico, pare, per ottenere credito, eludendo le restrizioni della banca centrale; ve ne sarebbero altri, attraverso i quali certi brokers finanziano i clienti a fronte di garanzie reali derivanti da materie prime. Il novero delle ipotesi sembrerebbe vario.

Ciò che qui interessa, in ogni caso, non è l’individuazione degli schemi legali e finanziari utilizzati, ma gli effetti potenziali e reali sul mercato di nostro precipuo interesse, ovvero quello dei metalli non ferrosi o, più in generale, delle materie prime.

Sappiamo bene che l’attenzione dell’ultimo decennio verso i beni reali si è tradotta in un forte interesse finanziario verso gli stessi, in qualità di beni d’investimento, di garanzie, di rifugio dalla perdita di potere d’acquisto delle monete cartacee, soprattutto in tempi di incertezza (o vera e propria crisi valutaria). Chi si è per avventura trovato a dover acquistare certi beni necessari al proprio lavoro, negli ultimi anni, ha dovuto fare direttamente i conti con logiche e dinamiche finanziarie che hanno reso molto più volatile, teso, complesso il mercato delle materie prime.

Dalla scorsa primavera siamo venuti a conoscenza, prima attraverso alcune indiscrezioni o sporadici articoli di fonte indipendente poi, recentemente, tramite alcune delle più autorevoli agenzie e testate del mondo, di questa diffusa pratica che ha verosimilmente contribuito (e non è stata la sola, come abbiamo spesso rilevato) a distorcere la naturale formazione dei prezzi fondata su necessità reali e consumi. Ne parlammo nel blog in questo articolo del 29 aprile.

Anche nel recente passato il mondo si era di nuovo fortemente stupito per l’impennata delle importazioni cinesi di alcune materie prime, dando forse per scontato ciò che non era, ovvero la futura destinazione delle medesime ad un uso o consumo legato alla produzione manifatturiera ed economia reale. Prima è stata la volta del rame, poi dello zinco, pare e, nello stesso tempo di altre materie prime anche agricole. Ciò contribuirebbe a spiegare parte degli eccessi di prezzo dell’ultimo anno, nell’andamento del metallo rosso e potrebbe legittimamente far riflettere sull’odierna situazione per quanto afferisce al ferro, nonostante il previsto piano quinquennale di edilizia popolare adottato in Cina.

Occorre dunque non abbassare la guardia ed accogliere con beneficio d’inventario ed un costante spirito critico le notizie provenienti dall’ormai mutevole, complesso, a volte enigmatico mondo delle commodies, un mondo che, ricordiamo, ha “dormito” per decenni, prima di risvegliarsi, ma che promette ancora nuovi ed eclatanti sviluppi futuri.

Il fenomeno del finanziamento garantito da materie prime, si potrebbe obbiettare, non è nuovo, ma è stato regolarmente adottato nella storia. Si pensi, ad esempio alla vendita della produzione futura da parte di certe imprese minerarie o l’uso di commodities come garanzia bancaria. Il paragone tiene fino ad un certo punto. In questi casi abbiamo a che fare con operatori del settore e pratiche tradizionalmente adottate da un gruppo di soggetti e circoscritte a certi settori, negli altri abbiamo a che fare con tendenze diffuse a macchia d’olio, pare, tra operatori di qualsiasi tipo (anche totalmente estranei a certi specifici mercati) che utilizzano materie prime o schemi commerciali legati alle stesse per ottenere un finanziamento.

Si potrebbe dire, in ultima analisi, che le materie prime stanno sempre più diffusamente e frequentemente esercitando la loro funzione di riserva di valore, in sistemi economici e finanziari costantemente affamati di dosi crescenti di moneta e credito.

Infine, regna ancora qualche incertezza su risultati ed efficacia della misura citata. Da un lato perché essa non ha decorrenza immediata, dall’altro per il fatto che le restrizioni del provvedimento potrebbero, paradossalmente, far crescere ulteriormente la fame di credito con conseguenze ancora difficilmente valutabili, anche sul settore delle materie prime. Alcuni commentatori, peraltro, hanno espresso opinioni molto negative in merito, ipotizzando sensibili discese di prezzo delle commodities più utilizzate allo scopo, mentre altri hanno parlato di conseguenze trascurabili oppure, addirittura di una perseveranza nelle pratiche descritte.

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