Quali beni rifugio nel 2012?
Proseguiamo il discorso sul tema dei beni rifugio iniziato lo scorso 12 gennaio in questo articolo. Ne parleremo in modo estremamente sintetico, in quanto materia riservata ai nostri clienti.
Pur comprendendo l’esigenza di diversificare gli investimenti occorre, a nostro avviso, molta cautela. Alle attuali quotazioni molti impieghi considerati difensivi o vero e proprio “rifugio” potrebbero riservare sorprese negative.
Cominciamo dal mercato valutario con una precisa domanda: qual è il potenziale di rivalutazione delle valute considerate beni rifugio, dai livelli attuali?
Gli operatori stanno da tempo inseguendo monete come yen e franco svizzero (che fino a qualche anno fa non voleva letteralmente nessuno) oppure dollari australiani, canadesi, neozelandesi, tutti ancora a livelli estremamente elevati.
Ciò forse potrà funzionare ancora per un po’, ma solo in assenza di forti tensioni finanziarie. Al primo accenno di turbolenze, infatti, comincia una fuga in massa verso il dollaro USA (non per scelta, ma per necessità) che mostra quanto, in realtà, possano essere fragili anche certe valute considerate beni rifugio. Anche se negli ultimi tempi il rialzo del dollaro non è generale e diffuso come fu un tempo; anche se oggi yen e franco svizzero tendono ad apprezzarsi pure in situazioni di tensione elevata e turbolenze, occorre ricordare che il movimento rialzista di queste due monete è in atto ormai da qualche anno ed ai corsi attuali è opportuno domandarsi che potenziale di apprezzamento sia rimasto. Le banche centrali svizzera e giapponese, tra l’altro, potrebbero intervenire di nuovo e con maggior decisione, visti i valori raggiunti. Quanto alle altre monete citate, la loro sorte sarà legata soprattutto all’andamento di materie prime come ferro, rame, oro, petrolio. Non è improbabile che nel 2012 si riaffacci una certa domanda su questi beni ma, nel breve, i dati economici cinesi mostrano una situazione di chiara difficoltà che potrebbe penalizzare le quotazioni delle materie prime più sensibili al ciclo economico, rendendo meno attraenti anche le cosiddette “commodities currencies”. Pure in questo caso, poi, bene riflettere sul potenziale di apprezzamento dai livelli attuali.
Infine, occorre sempre tener conto del fatto che oltre la metà delle riserve delle banche centrali del mondo sono costituite da dollari ed in questo senso, se ci dovesse essere una vera e propria crisi valutaria, nessuna moneta potrebbe uscirne indenne.
Quanto a oro ed argento, non facciamo fatica a comprendere le ragioni di interesse del mercato verso questi beni dei quali, peraltro, ci occupiamo dal 2002 (si veda la “Rassegna Stampa”). Ciò che consideriamo pericolosa è la corsa all’acquisto senza badare al prezzo (ad esempio quella che si scatenò nell’area dei massimi, durante l’estate) per beni che fino a qualche anno fa nessuno voleva. Insomma attenzione a non sottovalutare i movimenti dei mercati ed i comportamenti di massa. Un conto è destinare nel tempo una buona percentuale dei propri averi a questi investimenti, altra cosa è correre dietro a qualsiasi bene, in preda all’emozione del momento.
Oltre ai beni rifugio in senso stretto, come metalli preziosi o franco svizzero, negli ultimi anni è cresciuta grandemente l’importanza dell’intero settore delle materie prime, divenute diventate importanti beni d’investimento a carattere difensivo. Le materie prime offrono alcune caratteristiche che le rendono molto appetibili: non sono legate alle sorti di un debitore come i titoli obbligazionari, né ai bilanci aziendali, come i titoli azionari. Seppur finanziarizzate rappresentano beni la cui rarità relativa rispetto alla moneta cartacea è diventata un valore molto appetibile. La loro necessità nel nostro uso/consumo quotidiano e l’inevitabile esigenza di andare a recuperarle con un processo di ricerca o lavorazione che può implicare temporanei ma forti cali dell’offerta e disponibilità, sono altri punti di forza dell’investimento in commodities. Il rendimento derivante dagli investimenti nelle materie prime, negli ultimi anni, ha superato quello degli indici azionari ma, anche qui, occorre una grande capacità di navigare le onde dei prezzi di mercato, a pena di gravi dispiaceri. Anche le materie prime, infatti, per ora, hanno rivelato alcuni punti deboli proprio nei momenti di tensione sui mercati, faticando a preservare il valore degli investimenti. Un definitivo distacco dalla loro inversa correlazione con l’andamento del dollaro USA ed una minore sensibilità all’andamento dell’economia (nonostante l’eccesso di moneta stampata dai banchieri) forse un giorno renderà le commodities ancora più attraenti, in funzione davvero difensiva.
Ci sono poi altri importanti beni ed investimenti rifugio, alcuni da sempre, come quelli nel settore immobiliare (non solo edifici, ma anche terreni) oppure certi beni mobili come le pietre preziose. Quanto a queste ultime si tratta di mercato molto difficile, sul quale avventurarsi solo su consiglio di esperti (meglio se vecchi amici). Complessa è anche la situazione del mercato immobiliare perché, se è vero che l’immobile non tradisce, nel senso della completa perdita del capitale, come può avvenire in altri investimenti, l’economia degli ultimi anni ha gonfiato eccessivamente le quotazioni immobiliari (si pensi ad esempio a Stati Uniti, Gran Bretagna, Spagna) per non parlare di quanto avvenuto a certi investimenti in alcuni paesi del Medio Oriente, in virtù di un boom frutto del reinvestimento dei profitti petroliferi e che ha attirato tanti capitali stranieri in operazioni non sempre fortunate.
Beni artistici, antiquariato, oggetti da collezione spesso offrono occasioni interessanti, nel senso della preservazione del valore nel tempo anche se, in molti casi, la difficile liquidabilità di alcuni oggetti è un fattore negativo. Da altro punto di vista occorre anche qui grande cautela, visti certi eccessi di prezzo raggiunti e vere e proprie bolle che, secondo alcuni esperti, si sarebbero create, nell’arco degli anni e che potrebbero essere pericolose al pari di quelle di certi assets finanziari.