Materie prime e metalli industriali: appunti sulle ragioni storiche del rialzo dei prezzi

Premesse

Gli anni 2000 hanno visto realizzarsi un boom senza precedenti per i prezzi di tutte le materie prime (quotate e non). A dire il vero questa non è stata l’unica particolarità degli scorsi anni; il fenomeno citato si inserisce in un quadro generale di mutazione strutturale dello scenario economico, finanziario, politico internazionale, che ha le sue radici negli anni 90 del secolo precedente. Nel medesimo periodo, dalla metà degli anni 90 ai giorni nostri, un’altra delle caratteristiche che emergono con chiarezza è la presenza di situazioni di crisi economico-finanziarie di gravità crescente e culminate, appunto, nel noto epilogo avvenuto tra l’estate del 2008 e la primavera del 2009. Pare di poter affermare quindi che, a differenza di tutte le crisi economiche precedenti, che avevano carattere ciclico, quella attuale (ancora ben viva e presente nonostante certe apparenze) riveste caratteristiche di tipo strutturale (ovvero investe l’architettura stessa del sistema economico-finanziario e non solo la velocità e vigore del suo funzionamento).

Le principali ragioni del rialzo dei prezzi

In questo contesto, essenzializzando al massimo, si possono individuare le ragioni della crescita dei prezzi delle materie prime, con particolare riferimento ai metalli industriali, dai primi anni del secolo, nell’azione combinata dei seguenti fattori, validi ancora oggi:

– costante espansione monetaria da parte delle principali banche centrali del mondo, in funzione di spinta ad un sistema economico tendente a continue fasi di stanchezza e per rimediare alle situazioni di crisi bancarie di recente emersione;

– crisi del ruolo centrale del dollaro americano nel sistema internazionale dei cambi;

– spostamento ad est del baricentro della crescita economica mondiale, spostamento del potere economico verso paesi emergenti quali Cina, India, in particolare, ma anche Brasile, Paesi Arabi, che hanno cominciato ad importare quantità crescenti di materie prime per il fabbisogno dei loro sistemi economici;

– mutamento dello status delle materie prime da semplici beni di uso e consumo legati al mondo della produzione industriale a beni d’investimento in grado d’attirare quote crescenti del risparmio mondiale ed un forte interesse sia da parte istituzionale che dal mondo del risparmio, soprattutto in funzione di rifugio da altre attività finanziarie e protezione dalla svalutazione monetaria (in particolare del dollaro);

– corsa all’accaparramento di beni reali indispensabili, i recenti mutamenti degli equilibri politico-economici mondiali hanno spinto alcuni paesi (in particolare Cina) ad espandere la loro sfera d’influenza e potere, a livello globale, per potersi garantire un costante flusso d’approvvigionamenti per il futuro, senza dipendere dalla posizione dominante dei paesi occidentali, nelle aree più ricche di materie prime, nel mondo (la strategia cinese in Africa e più recentemente in America del Sud è un chiarissimo esempio in merito).

Le concause

In questo quadro generale hanno agito alcune importanti concause che, tuttavia, traggono comunque origine dai fattori principali sopra esposti. Tra essi occorre ricordare:

– la crescita dei prezzi immobiliari a livello mondiale, che ha fatto a sua volta da potentissimo volano di consumi, soprattutto nell’economia americana, in una prima fase, ma successivamente anche in altre aree del mondo (si pensi ad. es. alla Cina);

– forti investimenti in infrastrutture nei paesi emergenti, nei quali soprattutto l’azione dei governi ha diretto parte dei surplus commerciali accumulati, in investimenti per la realizzazione di ferrovie, reti stradali, reti elettriche, lavori nel settore idrico (si pensi, solo a titolo d’esempio, all’importanza dei lavori per la realizzazione delle opere destinate alle Olimpiadi cinesi o al boom immobiliare dei paesi arabi, spinto dagli investimenti dei surplus realizzati vendendo petrolio agli elevati valori degli ultimi anni);

– la speculazione internazionale attraverso i derivati (anche nei paesi emergenti) é stata determinante per il raggiungimento di certi eccessi nelle quotazioni, che hanno successivamente portato a fenomeni di violenta e profonda correzione dei prezzi, derivanti dalla liquidazione in massa di posizioni speculative;

– l’acquisto diretto da parte dei governi di alcuni paesi, in funzione di scorte strategiche, ma anche d’investimento alternativo o quale forma d’aiuto e sovvenzione in momenti di crisi (si pensi ad. es. a quanto avvenuto in Cina, dopo la crisi 2008);

– la tendenza dei consumi privati nei paesi emergenti ha agito, soprattutto negli ultimi tempi, dopo la crisi 2008 sulla spinta di iniziative di governi e banche centrali di alcuni paesi in funzione reflazionistica, allo scopo di compensare la caduta delle attività economiche in Occidente e relativo crollo dell’export;

– razionalizzazione e ristrutturazione del sistema produttivo cinese in funzione di una maggiore efficienza energetica e produttività, anche con riferimento a problematiche di tipo ambientale;

– le attese di rivalutazione delle monete nei paesi emergenti (in particolare Cina) hanno agito principalmente a livello di aspettative, visto che il reale apprezzamento dello yuan è stato molto al di sotto di quanto pronosticato alcuni anni fa.

Una importante precisazione,

circa l’origine e le dinamiche della corsa dei prezzi delle commodities negli ultimi anni, risiede nel fatto che, a parte alcuni episodi degli anni 70, l’approvvigionamento di tali beni, in precedenza, non era mai stato un problema. Il complesso delle materie prime più legate ai cicli economici ha attraversato molti anni di prezzi depressi. Per lungo tempo il settore in questione è stato dimenticato, senza attirare alcun tipo d’investimento finalizzato allo sviluppo di una maggiore offerta. Ciò ha finito per provocare un vero e proprio shock di prezzo, al variare delle condizioni dello scenario internazionale, tra la fine degli anni 90 ed i giorni nostri. Il fenomeno è ben spiegato nel libro sulla crisi 2008 “Prevedibile e Inevitabile” di Francesco Carbone, edizioni Usemlab, dal quale citiamo (pag.83):

“Sui mercati non c’è niente di più potente che uno squilibrio prolungato tra domanda ed offerta nel mercato di una materia prima. Alterare gli equilibri naturali che formano i prezzi delle materie prime, per un periodo di tempo prolungato, porta presto o tardi a scompensi dagli esiti esplosivi. Le commodities, rispetto agli assets cartacei, sono risorse la cui carenza di offerta richiede lungo tempo per essere ricostituita. Una volta esaurite le riserve sufficienti per soddisfare la domanda, il loro ripristino non può rendersi immediatamente disponibile grazie all’utilizzo di un computer, come invece avviene per gli assets finanziari. Per oltre dieci anni, molti mercati, sono stati mantenuti in equilibrio a prezzi molto bassi. Quando il prezzo di equilibrio (soprattutto se artificiale) è talmente basso da scendere sotto i costi di produzione di molte aziende, queste sono costrette ad abbandonare il mercato, con il risultato che la produzione totale diminuisce, togliendo offerta alla domanda futura. Quando la domanda non riesce a trovare l’offerta sufficiente, determinata dalla produzione effettiva, il prezzo finisce con l’esplodere al rialzo.

Per l’appunto ciò che si è verificato negli ultimi anni, principalmente a causa di due fattori:

come fattore primario e sempre sottaciuto, lo svilimento della moneta, riconducibile a quantità maggiori di denaro e credito; come fattore secondario, sempre amplificato e mal compreso, la forte domanda di beni reali da parte della Cina, non in grado di trovare, per i motivi appena citati, un’offerta adeguata”.

La crisi 2008

La crisi del 2008 ha colpito al cuore il sistema finanziario e di conseguenza quello economico internazionale. La globalizzazione ha fatto in modo che nessun paese ha potuto sottrarsi ai contraccolpi di quanto avvenuto negli Stati Uniti d’America, ovvero l’implosione del sistema finanziario per anni drogato con dosi crescenti di denaro in funzione di spinta ad un indebitamento diventato essenziale per la prosecuzione dei consumi, in presenza di redditi da tempo decrescenti, a causa della globalizzazione del mercato del lavoro.

In estrema sintesi e per quanto attiene allo scopo di queste pagine, la crisi finanziaria ha provocato l’immediato abbandono di tanti investimenti in essere (finanziari e non) ed una corsa globale verso i titoli di stato americani ed il dollaro, in funzione difensiva.

La reazione di governi e banche centrali per far ripartire l’economia è stata forte, ma essa ha avuto le stesse caratteristiche (amplificate) dei precedenti interventi in funzione reflazionistica e si è fondata quasi esclusivamente su:

– intervento pubblico diretto dei governi nell’economia;

– uso della leva dei tassi d’interesse e nuova espansione dell’offerta di moneta.

In pratica sono state somministrati gli stessi rimedi che, nel tempo, avevano portato allo scoppio della crisi finanziaria stessa e ciò rende la situazione, in prospettiva futura, estremamente complessa ed enigmatica. I prezzi dei metalli industriali e del petrolio, in ogni caso, si sono nettamente risollevati ed oggi le maggiori istituzioni finanziarie del mondo pronosticano di nuovo un futuro di forte crescita dei valori di questi beni.

Prospettive 2011

In una situazione di perdurante difficoltà delle economie occidentali (si pensi in particolare alle ancora gravi condizioni in cui versa il settore immobiliare americano ed alla più recente crisi del debito in zona euro) la risposta al quesito sul futuro dei prezzi delle materie prime va cercata nelle prospettive di sviluppo dei paesi emergenti (in particolare Cina) e nelle sorti della finanza globale.

Con riferimento alla situazione delle economie emergenti bisogna rilevare come la tendenza economica attuale sia contraddistinta da una pericolosa crescita del tasso d’inflazione che, nella componente alimentare è ormai nell’area delle due cifre. Più che lecito, quindi, attendersi un ulteriore e significativo irrigidimento delle politiche monetarie di Cina, India, Brasile.

Sul versante prettamente finanziario, invece, occorre rilevare come le scorte di metalli presso la borsa metalli di Londra (LME) siano ormai concentrate (si parla del 90%) nelle mani di alcune istituzioni finanziarie. Tale fattore potrebbe contribuire a distorcere il rapporto domanda-offerta reale per consumi ed uso di tali materie prime.

L’azione combinata di questi due fattori, principalmente, fornirà una risposta al quesito sul futuro dei prezzi che, secondo la nostra opinione, potrebbe essere contraddistinto da un calo rispetto ai valori attuali, ancora gonfiati dalle politiche reflazionistiche adottate nel mondo.