Euro-Dollaro, mercato valutario: prospettive a breve

Tutto resta com’è, la festa continua. Questo, in estrema sintesi, il risultato a sorpresa della riunione di politica monetaria della Federal Reserve statunitense, terminata ieri. Sorpresa vera ed inusuale (almeno di questi tempi), visto un consenso ormai  piuttosto diffuso sul fatto che in USA sarebbe iniziata una manovra di rimozione (pur lenta, parziale e graduale) dello stimolo monetario.

Probabilmente il banchiere centrale americano, con questa mossa, ha voluto frenare drasticamente l’andamento rialzista dei tassi di mercato e le aspettative connesse ad un definitivo cambio di orientamento, ritenendo troppo rischiosa una continuazione del riaggiustamento delle medesime aspettative iniziato a maggio, in una situazione di perdurante fragilità di mercati ed economia.

La posizione della Federal Reserve ha colto alla sprovvista anche noi (cosa fortunatamente molto poco frequente) convinti com’eravamo dell’imminente inizio di una operazione di ritorno  alla normalità per la politica monetaria USA che, grazie ad una congiuntura relativamente migliore rispetto a quella di altri Paesi, avrebbe potuto “portarsi avanti” recuperando credibilità ed utilizzare poi il vantaggio acquisito, in un secondo momento, in caso di più grave peggioramento delle condizioni dell’economia internazionale o di eventuali turbolenze finanziarie.

In base a tale visione delle cose avevamo più volte ribadito di ritenere scarso il potenziale rialzista dell’euro, nella seconda metà del 2013 e in ogni caso limitato da un’area di prezzi compresa tra 1.3300 ed 1.3400. Per la prima metà dell’anno 2013 la nostra previsione (inviata ai clienti in gennaio 2013) era di un top della moneta unica entro quota 1.3770 e così è stato, con il massimo del tasso di cambio EUR/USD di pochissimo sopra 1.3700. Dopo la discesa del cambio verso il minimo annuale (area 1.2745), a inizio primavera, rivedemmo il pronostico per la restante parte dell’anno, indicando come possibile nuova area limite verso l’alto la zona 1.3330-1.3360, ritenendo verosimile un diffuso ritorno degli operatori sul dollaro, a discapito di tutte le altre monete e così anche per l’euro per il quale, tuttavia, ipotizzammo anche uno scarso potenziale ribassista, comunque limitato dall’area di valori compresa tra 1.2600 ed 1.2500. Il rafforzamento del dollaro  nei confronti delle altre monete del mercato si è verificato, ma l’euro ha continuato a mantenere una forza notevole, nonostante i fattori di pesantezza, economici, finanziari, politici, che avrebbero dovuto, ragionevolmente, smorzarne il tono.

Arrivati a questo punto si può pensare che il mercato torni a riequilibrarsi completando l’operazione di rimozione degli stops e delle posizioni dei ribassisti (negli ultimi tempi, stando ai dati pubblicati dalla CFTC, la speculazione valutaria aveva posto in essere forti scommesse a favore del dollaro USA). Nel mirino, dunque, adesso potrebbero esserci prezzi in area 1.3660-1.3710, valori che qualora raggiunti, si può star certi, porranno un problema in più alla Zona Euro, riducendo ulteriormente l’interesse verso le nostre esportazioni, una delle poche cose che ancora contribuiscono a tenere in vita la congiuntura. Tali valori, insomma, finiranno inevitabilmente per preoccupare la politica e i banchieri, con la possibilità di reazioni già viste ripetutamente, in passato, ed il possibile ritorno sulla terra della moneta unica, di nuovo sospesa a quotazioni storicamente molto elevate (si potrebbe dire estreme) in modo del tutto paradossale rispetto a ciò che capitato negli ultimi, con la crisi del debito, il crollo dell’economia, le fosche previsioni sulla futura tenuta del sistema, nel suo complesso.

Inoltre, con le elezioni politiche in Germania, domenica prossima, forse potrebbe aver termine anche questo strano periodo recente in cui, pur in assenza di soluzioni radicali e definitive, la crisi europea non ha più fatto notizia, è apparsa sopita o forse, in stato di tregua. In tal senso l’attuale situazione, soprattutto per i Paesi della periferia, potrebbe finire per pesare di nuovo anche sul mercato dei cambi e sul valore dell’euro.

Infine, l’atteggiamento della Federal Reserve potrebbe aver fatto tremare i carry traders, tornati in forza, dopo tanto tempo, ad utilizzare lo yen come valuta d’indebitamento, con buona pace del Giappone e della sua competitività, minata negli scorsi anni da un fortissimo apprezzamento della moneta, divenuta la più richiesta dal mercato, soprattutto dopo la grande crisi finanziaria del 2008 e l’inizio della crisi europea. Anche in questo caso, sembra verosimile, le reazioni non mancheranno, dopo gli sforzi fatti dal Governo giapponese anche in funzione di una ripresa del cambio USD/JPY ed EUR/JPY.

Di nuovo e come sempre, la parola al mercato…

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